Nelle Esposizioni del XIX secolo l’agricoltura fu sempre presente, anche se la sua importanza fu destinata a ridursi progressivamente nel tempo a favore dell’industria e delle manifatture artistiche.
Le Esposizioni infatti si svolsero con tematiche sempre più universali, comprendendo tutti i rami dell’economia. Per la Toscana preunitaria, le produzioni agricole furono uno dei temi principali su cui confrontarsi con gli altri Paesi. Tuttavia lo stesso Cosimo Ridolfi, presentando la partecipazione toscana all’Esposizione di Londra del 1851, ricordava che il Granducato «pure non era esclusivamente paese Agricolo […] ma che anzi avea tutti gli elementi per divenire sommamente manifatturiero e commerciale».
Le Esposizioni furono occasioni di scambio e di sviluppo dell’agricoltura con l’introduzione di nuove varietà vegetali o nuove razze animali; nel 1851, grazie a Filippo Corridi e Gugliemo Libri, furono portate in Toscana oltre cinquecento varietà di sementi di ortaggi, foraggi e cereali che furono poi distribuite ad alcuni agricoltori per valutarne l’utilità (e capacità produttiva]. Purtroppo a distanza di qualche mese i risultati furono deludenti: poche sementi avevano dato frutto e molte delle piante sviluppatesi erano stentate o deboli. Analogamente, il tentativo di introdurre razze animali inglesi ad opera del principe Anatolio Demidoff ebbe scarso successo. Ma le Esposizioni rappresentarono anche l’occasione per diffondere e far conoscere i prodotti agricoli toscani e i loro derivati non destinati all’alimentazione. Un esempio è rappresentato dalla paglia, una delle prime manifatture toscane per importanza, che fu protagonista sia all’Esposizione toscana del 1854, propedeutica a quella di Parigi del 1855, che in quelle successive fino ai primi del ‘900.
Ma furono soprattutto la Toscana e la sua cultura agricola a ottenere premi alle varie Esposizioni: nel 1855, ad esempio, i riconoscimenti furono ottenuti dalla collezione di legni di Carlo Siemoni, dall’aratro realizzato da Cosimo Ridolfi e da Raffaello Lambruschini, mentre i vini di Bettino Ricasoli ottennero una delle poche medaglie italiane e il conferimento della Legion d’Onore al Barone di Brolio per la sua combinazione di vitigni all’origine del Chianti. I prodotti toscani furono al centro della prima Esposizione Nazionale di Firenze del 1861, mentre nelle successive manifestazioni di Londra (1862) e Parigi (1867) furono soprattutto i grani e le farine del pisano ad ottenere premi importanti.
Ma fu anche il modello toscano di mezzadria – presentato dall’Accademia dei Georgofili, che da più di un secolo studiava e promuoveva questo antico contratto – che ebbe un importante riconoscimento nell’Esposizione parigina del 1867. Accanto ai prodotti agricoli tradizionali si deve aggiungere l’attività selvicolturale e le produzioni forestali, rappresentate dalla collezione di legni di Carlo Siemoni (premiata più volte fino al 1873) e da quella del prof. Filippo Calandrini, premiata nel 1862 a Londra.
Infine, il clima mite della Toscana era particolarmente indicato per i prodotti più apprezzati, come i frutti, gli ortaggi e i fiori che, nelle varie Esposizioni fino al 1911, ebbero sempre riconoscimenti importanti. La R. Scuola di Pomologia (ora Istituto Agrario delle Cascine) con le sue importanti collezioni fu ripetutamente premiata alle Esposizioni di Parigi (1900), St. Louis (1904), Milano (1906), Bruxelles (1910), e Torino (1911).
Gli anni in cui si tennero le prime Esposizioni in Toscana sono i più fecondi per lo sviluppo scientifico e tecnologico del Granducato. Grandi intellettuali di spessore come Giovan Pietro Viesseux, Cosimo Ridolfi, Gino Capponi, Vincenzo Antinori e molti altri, sensibili alle novità d’oltralpe e orientati a svecchiare la vita scientifica, operavano in una Firenze governata da Leopoldo II, che vedeva nel progresso della scienza e della tecnica un importante viatico per lo sviluppo economico del Granducato. L’esplorazione geologica del territorio, alla ricerca di materie prime, costituì l’occasione per la realizzazione di raccolte naturalistiche ordinate in base alle applicazioni industriali, come la collezione tecnologica di minerali e rocce della Toscana, esposta e premiata sia all’Esposizione dei Prodotti Toscani, svoltasi a Firenze nel 1854, sia all’Esposizione Universale di Parigi del 1855.
Anche in campo tecnologico Firenze e la Toscana riscuotono ampi successi, come all’Esposizione Universale di Londra del 1851, dove il matematico Tito Gonnella, professore all’Accademia di Belle Arti di Firenze, presentò l’unico strumento scientifico italiano che ottenne la massima onorificenza: il planimetro, con cui era possibile «quadrar le figure piane».
Nell’Esposizione Nazionale dei Prodotti Agricoli e Industriali e di Belle Arti tenutasi a Firenze nel 1861, a celebrazione dell’Unità d’Italia, la scienza locale fu adeguatamente valorizzata con la presentazione di reperti del Museo di Storia Naturale (prima fra tutte la Victoria regia dell’Orto Botanico), grazie anche al ruolo organizzativo di vari studiosi del Museo, come il botanico Filippo Parlatore, lo zoologo Adolfo Targioni Tozzetti e il geologo Igino Cocchi. Anche ai marmi apuani fu data grande visibilità, ma le novità più eclatanti del 1861 furono senz’altro il pantelegrafo di Giovanni Castelli, antesignano del fax, e il motore a scoppio di Eugenio Barsanti e Felice Matteucci.
L’Esposizione del 1861 consolidò il successo e la fama di Giovan Battista Amici, il cui microscopio a luce polarizzata aveva spopolato all’Esposizione Universale di Parigi del 1855, che a Firenze ottenne grandi riconoscimenti, mettendo in mostra, oltre ad una serie di questi strumenti perfezionati, anche i suoi straordinari telescopi. Anche le scienze naturali furono al centro di Esposizioni tematiche tese a valorizzare gli aspetti applicativi ed economici legati al mondo della botanica e della zoologia. Ne è un esempio l’Esposizione Internazionale della Pesca di Berlino del 1880, cui presero parte, con un ricco campionario del Museo di Storia Naturale, Enrico Hillyer Giglioli e Adolfo Targioni Tozzetti. L’evento fu anche l’occasione per alcuni privati di presentare il loro lavoro: tra questi il tassidermista fiorentino Riccardo Magnelli, che espose le sue preparazioni, e la marchesa Marianna Panciatichi Ximenes d’Aragona Paulucci, autorevole studiosa di molluschi continentali, che aveva presentato le sue conchiglie anche all’Esposizione Universale di Parigi del 1878.
Allo stesso modo la botanica fu protagonista delle varie Esposizioni dedicate all’orticoltura e alla floricoltura, temi a cui si lega una lunga tradizione fiorentina; questa portò non solo all’organizzazione della celebre Esposizione Internazionale di Orticoltura del 1874, ma anche alla scelta di dedicare proprio ai fiori le attività fiorentine dell’Esposizione del 1911, organizzata nelle tre città che erano state capitale del Regno d’Italia, in occasione del cinquantesimo anniversario della proclamazione del Regno.
Accanto allo sviluppo dell’industria, le Esposizioni videro una crescente attenzione agli aspetti dedicati ai prodotti alimentari e alla tecnologia applicata, dalle paste ai prodotti della pesca, alle bevande vinose e spiritose, agli olii, dai metodi di conservazione dei prodotti all’essicazione della frutta, solo per citare alcuni esempi. La Toscana non era certo avara – come oggi – di prodotti alimentari, che fin dalle prime Esposizioni furono al centro dell’attenzione.
Se nell’Esposizione di Londra del 1851 i prodotti toscani furono pochissimi e di scarsa rilevanza, già nella successiva manifestazione di Parigi iniziarono a essere conosciuti e premiati. I vini di Bettino Ricasoli ottennero un’importante medaglia, mentre il tubo per il burro di Lorenzo Turchini fu segnalato per unire bellezza e funzionalità in quanto «destinée aux petites exploitations où le ménagères soigneuses désirent avoir une baratte trés-propre et luxueusement exécutée». Altrettanta attenzione fu riservata dagli espositori toscani, e non solo, ai recenti metodi di conservazione della carne secondo il metodo Appert, migliorato da De Lignac, per produrre razioni di carne per l’esercito francese impegnato nella guerra di Crimea.
All’Esposizione Nazionale di Firenze del 1861 i prodotti alimentari toscani, favoriti dalla vicinanza della sede espositiva, furono particolarmente presenti, ottenendo una gran messe di premi: fra questi segnaliamo i panforti e i dolci toscani delle ditte Parenti e Sapori. Nella successiva Esposizione di Londra del 1862 – dove Adolfo Targioni Tozzetti svolse l’attività di giurato per la classe relativa alle sostanze alimentari – i prodotti toscani ottennero riconoscimenti per gli olii del conte Masetti da Bagnano, per i salumi di Calderai di Firenze, per vari tipi di olio di Pisa, fino alle paste alimentari dei Fratelli Paoletti di Pontedera, ai vini di Bettino Ricasoli – che con i suoi prodotti, dall’Aleatico al Chianti, ottenne praticamente a tutte le Esposizioni una medaglia o una menzione d’onore – e ai biscotti di Prato della ditta Mattei, ancora oggi esistente.
Da non dimenticare prodotti alimentari, oggi più marginali, come quelli legati alla pesca, che videro l’Italia ottenere un ottimo successo all’Esposizione Internazionale della Pesca di Berlino del 1880, dove il tonno in scatola e le preparazioni di acciughe o paste di pesce – complice l’autorevole presenza di Adolfo Targioni Tozzetti – ottennero molti riconoscimenti e furono apprezzati a livello internazionale.
Chiudiamo infine con una curiosità: nel 1878 all’Esposizione di Parigi la marchesa Marianna Paulucci Ximenes d’Aragona espose (ottenendo un premio) la sua collezione di più di 500 conchiglie terrestri e fluviali con un duplice scopo: presentare uno studio approfondito delle caratteristiche scientifiche di questi esemplari ma anche le opportunità alimentari che essi potevano offrire.